La rottamazione delle liti fiscali pendenti riguarda i giudizi per i quali sia stato notificato il ricorso di primo grado alla data del 24 ottobre 2018 e non sia intervenuta sentenza passata in giudicato alla data di trasmissione all’Agenzia delle Entrate della relativa istanza.
Si ricorda, infatti, che il perfezionamento della procedura avviene con la trasmissione dell’apposito modello predisposto ed il versamento, anche rateale, di un quantum pari al valore della lite (tributo accertato al netto di sanzioni e interessi) che, in funzione del grado e dell’esito intermedio del giudizio alla data del 24 ottobre, si riduce al:
– 90% se la lite risulta iscritta a ruolo ma non sia ancora intervenuta una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale;
– 40% qualora la lite sia stata decisa in senso favorevole al contribuente dalla Commissione Tributaria Provinciale;
– 15% per le controversie decise in senso favorevole al contribuente dalla Commissione Tributaria Regionale.
Le controversie relative a sanzioni non collegate al tributo, invece, sono definibili con il versamento del 40% del valore della lite ovvero, in caso di soccombenza dell’Amministrazione finanziaria nell’unica o ultima pronuncia giurisdizionale, del 15% del valore della lite.
In sede di conversione, inoltre, con il comma 2-ter dell’art. 6, è stata introdotta la possibilità di definire i giudizi pendenti in Cassazione alla data del 19 dicembre 2018 con il versamento del solo 5% del valore della lite, in ipotesi di soccombenza dell’Amministrazione finanziaria in entrambi i gradi di merito.
Come si determina l’importo dovuto
A tenore della disciplina delineata dal legislatore, dunque, la determinazione dell’esatto importo dovuto dal contribuente segue, eccezion fatta per la c.d. “doppia conforme” di cui sopra, l’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data del 24 ottobre 2018 (i.e. “alla data di entrata in vigore del presente decreto”).
È qui che si innesta il dubbio sorto in premessa. Qualora il contribuente prosegua nel processo decidendo di discutere l’udienza fissata, nelle more, dalla Commissione Tributaria per ottenere una pronuncia a sé favorevole, non ottenendola, può ancora accedere alla rottamazione della lite rifacendosi allo status quo risultante al 24 ottobre?
L’interpretazione letterale dell’art. 6 parrebbe suggerire una risposta positiva in quanto, come anticipato, condizione necessaria per accedere alla procedura di definizione agevolata, a norma del comma 4, è che si tratti di controversie in cui il ricorso in primo grado sia stato notificato alla controparte entro il 24 ottobre 2018 e per le quali, alla data di presentazione della domanda, non sia intervenuta una pronuncia conclusiva del processo. Dalla lettura dell’articolo si evince, quindi, che l’unico impedimento all’accesso alla procedura agevolativa sia rappresentato dalla sopravvenienza di una sentenza definitiva.
E allora, in via esemplificativa, potrebbe concludersi che:
– nel caso in cui al 24 ottobre risulti depositata una pronuncia di primo grado favorevole al contribuente, la quantificazione dell’importo dovuto per la rottamazione corrisponderà al 40% del valore della lite, e rimarrà tale anche nell’ipotesi di una eventuale sentenza successiva di secondo grado che determini la soccombenza del contribuente;
– il contribuente non potrà beneficiare di una minore percentuale di definizione del quantum dovuto nell’opposto caso in cui la sua eventuale soccombenza in secondo grado venga ribaltata da una pronuncia della Corte di Cassazione successiva al 24 ottobre, che finirebbe per essere inutiliter data.
Le indicazioni delle Entrate
In assenza di una previsione normativa certa sul punto, la questione è stata sottoposta all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate che ha espresso un orientamento conforme al testo dell’art. 6, stabilendo che il 24 ottobre rappresenta un vero e proprio spartiacque: nel determinare il quantum dovuto occorre, pertanto, far riferimento alla situazione processuale esistente a tale data.
A tale affermazione, non è tuttavia seguita alcuna indicazione espressa né nel successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 39209 del 18 febbraio 2019, con cui è stato approvato il modello di domanda agevolata delle liti tributarie pendenti, né tanto meno nelle allegate istruzioni di compilazione.
Forse l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che sul punto sia stata sufficiente l’interpretazione fornita? Probabilmente sì, risultando essa pienamente in linea con la lettera della norma.
Certo è che tale conferma spingerà i difensori dei contribuenti a celebrare le udienze fissate nei prossimi mesi e a spostare la valutazione circa l’opportunità o meno di presentare domanda di definizione agevolata dopo il deposito di eventuali sentenze, purché ovviamente entro il 31 maggio 2019, termine ultimo di invio.