L’art. 28, comma 1 del decreto Rilancio prevede, sia pure in presenza di determinate condizioni, la possibilità di far valere un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo.
L’utilizzo dell’espressione “canone di locazione” o di “leasing” induce a ritenere che il credito debba essere determinato al netto dell’IVA, cioè senza tenere in considerazione il tributo assolto, anche se indetraibile.
L’imposta sul valore aggiunto, anche se corrisposta al fornitore, al pari di ogni onere fiscale e delle spese condominiali quantificate separatamente, non concorre alla formazione del canone di locazione. Conseguentemente il credito del 60% non dovrà essere determinato sull’ammontare complessivamente corrisposto.
In particolare, possono verificarsi due diverse fattispecie.
Contratti di locazione finanziaria
In primo luogo, in molti casi, soprattutto con riferimento ai canoni di locazione finanziaria, la società concedente applicherà l’imposta sul valore aggiunto.
Si consideri ad esempio il caso in cui una società di leasing conceda in locazione finanziaria un immobile, avente classificazione catastale A/10.
In questo caso la necessità di calcolare il credito di imposta al netto dell’IVA è intuibile.
L’imposta sul valore aggiunto è neutrale. Pertanto, l’IVA non rappresenta un costo in quanto il professionista potrà far valere il diritto di detrazione.
Al contrario, la disposizione in commento intende assicurare il ristorno, sia pure parziale, di una parte del costo e l’imposta sul valore aggiunto non rappresenta un costo proprio in quanto “recuperabile”.
Professionisti senza diritto alla detrazione
Il secondo caso può riguardare un professionista che però non è in grado di esercitare il diritto alla detrazione del tributo.
Tale circostanza può ad esempio riguardare il caso in cui titolare del contratto di locazione sia un medico esercente un’attività completamente esente, la cui IVA assolta sugli acquisti è integralmente indetraibile.
Si pone in tale ipotesi il problema di comprendere se il credito di imposta debba essere determinato al lordo o al netto dell’IVA assolta.
Anche con riferimento alla fattispecie prospettata si ritiene che il credito debba essere determinato al netto dell’imposta sul valore aggiunto.
Il tributo non fa parte, ma si aggiunge al canone di locazione finanziaria. Pertanto, il professionista medico potrà recuperare il 60% del costo rappresentato dal canone e invece continuerà a rimanere integralmente inciso con riferimento all’IVA indetraibile.
Sotto questo profilo la scelta del legislatore sembrerebbe essere non completamente razionale, ma in realtà è coerente. Infatti, anche in precedenza, cioè indipendentemente dall’emergenza epidemiologica, il professionista era un soggetto che restava inciso dall’IVA indetraibile.
Ora, almeno sotto questo profilo nulla cambia.
Il medico continuerà a non considerare in detrazione l’imposta sul valore aggiunto, ma potrà recuperare una parte del costo rappresentato dal 60% del canone di locazione finanziaria al netto dell’IVA.