Nell’art. 12 del testo definitivo del Codice della crisi (CCI), approvato dal Consiglio de Ministri del 10 gennaio 2019, è stabilito che costituiscano strumenti di allerta gli obblighi di segnalazione degli indizi della crisi posti a carico di alcuni soggetti qualificati (organi di controllo societario, INPS, Agenzia delle Entrate, Agenzia della riscossione), finalizzati, unitamente agli obblighi organizzativi posti dal codice civile a carico dell’organo amministrativo, alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell’impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione.
Procedure di allerta e obblighi di segnalazione
Entrambi gli obblighi concorrono, dunque, al perseguimento dell’obiettivo di rilevare precocemente la crisi dell’impresa, al fine di adottare tempestivamente le misure idonee a superarla o regolarla.
Le principali caratteristiche delle procedure di allerta sono:
– la discrezionalità, la riservatezza e la confidenzialità, al fine di evitare che le procedure possano diventare un acceleratore della crisi, provocando, ad esempio, una revoca degli affidamenti da parte degli istituti di credito, la sospensione delle forniture da parte dei fornitori, etc…;
– l’ingresso sulla scena di un nuovo soggetto, l’Organismo di composizione assistita della crisi di impresa (O.C.R.I.), istituito presso ciascuna CCIAA, che riceve le segnalazioni da parte dei soggetti qualificati, gestisce i procedimenti di allerta, assiste il debitore nel procedimento di composizione della crisi, controlla e segnala alle autorità competenti gli esiti negativi delle procedure di composizione assistita della crisi e di quelle di allerta;
– la previsione di misure premiali qualora il debitore presenti tempestivamente all’OCRI l’istanza per attivare la procedura di composizione assistita della crisi (riduzione degli interessi sui debiti tributari al saggio legale, significativa riduzione delle sanzioni sui debiti fiscali, riduzione o attenuazione delle responsabilità penali);
– la previsione di misure protettive, consistenti sostanzialmente nell’inibizione di azioni esecutive da parte dei creditori, necessarie per condurre a termine le trattative in corso; è, inoltre, prevista la possibilità, durante il procedimento di composizione assistita della crisi di chiedere al giudice competente che sia disposto il differimento degli obblighi previsti dalle disposizioni del codice civile in tema di riduzione del capitale sociale per perdite (artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter del codice civile) e la temporanea non operatività della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale (articoli 2484 e 2545-duodecies del codice civile).
Adempimenti degli amministratori
Guardando agli adempimenti posti a carico dell’organo amministrativo e, in particolare, a quanto previsto dagli articoli 3, 4 e 14 del CCI non risulta siano stati apportati sostanziali cambiamenti. E’, infatti, previsto che essi debbano valutare costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa sia adeguato, se sussista l’equilibrio economico finanziario e quale sia il prevedibile andamento della gestione.
Insomma, nulla di sorprendentemente nuovo rispetto a quanto già previsto dall’art. 2381 comma 5 del codice civile in tema di adempimenti in capo agli organi delegati, se non l’iniziativa riferita all’attivazione della procedura di composizione assistita della crisi che dovrebbe vedere proprio nell’organo amministrativo il principale attore.
I doveri degli amministratori consistono, dunque, nell’adozione di assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi affinché possano essere adottati tempestivamente gli strumenti previsti dal CCI per il superamento della crisi e il ripristino della continuità aziendale.
Se sotto un profilo strettamente formale non risultano sostanzialmente modificati i compiti posti a carico dell’organo amministrativo, è da chiedersi se durante le procedure di regolazione della crisi vi sia una diversa prospettiva, in termini di interessi da tutelare, nell’ambito della quale gli amministratori devono assolvere ai loro doveri. Il dubbio nasce dalla lettura dell’art. 4 comma 2 lettera c) del CCI dove è prevista, tra i doveri posti a carico del debitore, la gestione del patrimonio o dell’impresa durante la procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza nell’interesse prioritario dei creditori.
Sembrerebbe, pertanto, che nelle situazioni ordinarie di “non crisi” la bussola debba orientare gli amministratori, nell’esercizio del loro mandato, prioritariamente verso gli interessi dei soci; diversamente durante la gestione della crisi o dell’insolvenza: in tal caso il focus dovrebbe essere prioritariamente spostato sugli interessi del ceto creditorio.
Se è pur vero che l’obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale non può che essere, ugualmente e senza distinzioni, a favore sia degli azionisti sia dei creditori sociali, non si può tuttavia tralasciare una riflessione in ordine ad una potenziale diversa attitudine che gli amministratori potrebbero assumere durante la gestione della crisi, dovendo orientare il loro mandato verso una gestione più conservativa (a favore delle ragioni di credito del ceto creditorio) e meno vocata alla massimizzazione dei profitti (con sacrificio delle attese di remunerazione del capitale apportato dagli azionisti) con conseguente “contenimento” del rischio d’impresa.
Responsabilità degli amministratori
Alcune importanti novità sono da rilevare con riferimento al tema della “responsabilità degli amministratori”. Con l’art. 378 del CCI vengono inserite due nuove norme nel codice civile:
– il comma 6 nell’articolo 2476 che prevede una maggiore responsabilizzazione degli amministratori rispetto agli obblighi di conservazione del patrimonio sociale; è, infatti, espressamente previsto che essi rispondano verso i creditori sociali quando il patrimonio della società risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti;
– il comma 3 dell’art. 2486 che introduce un criterio di liquidazione dei danni conseguenti all’inosservanza dell’obbligo di gestire la società, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, al solo fine di preservare integrità e valore del patrimonio.
Secondo la nuova disposizione il danno risarcibile si presume pari “alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.
La norma dovrebbe, peraltro, dare un contributo alla soluzione di diversi contenziosi determinatisi in parte per i differenti orientamenti giurisprudenziali, in parte per l’obiettiva difficoltà di quantificare il danno in tutti i casi in cui manchino o siano tenute irregolarmente le scritture contabili.
Si osserva, inoltre, che il disposto normativo riguarda tutte le azioni di responsabilità, anche quando esse siano state promosse senza che si sia aperta una procedura concorsuale.