Si avvicina l’apertura dello sportello per la presentazione delle domande per prenotare il bonus pubblicità per l’anno 2019.
La trasmissione delle istanze potrà avvenire dal 1° ottobre al 31 ottobre 2019.
A stabilire i termini per l’invio delle comunicazioni relative al 2019 è stato l’articolo 3-bis del D.L. n. 59/2019, convertito dalla l. n. 81/2019, che ha sbloccato la situazione di stallo venutasi a creare a seguito del mancato rifinanziamento del bonus per l’anno in corso, comunicato dal Dipartimento per l’Informazione e l’editoria lo scorso 20 marzo 2019.
Per le imprese, i professionisti e gli enti non commerciali è tempo quindi di prepararsi all’appuntamento.
Un passaggio importante è valutare accuratamente quali sono gli investimenti ammissibili al credito d’imposta.
Indicazioni utili sono fornite non solo dal regolamento attuativo dell’agevolazione, approvato dal DPCM 16 maggio 2018, n. 90 – che, come disposto dall’articolo 3-bis del D.L. n. 59/2019, continua a trovare applicazione – ma anche nell’ambito delle FAQ pubblicate dal Dipartimento per l’Informazione e l’editoria nel corso dell’apertura della prima finestra temporale per la presentazione delle domande avvenuta dal 22 settembre al 22 ottobre 2018 (aggiornate al 19 ottobre 2018), che si ritengono, tuttora, valide, in considerazione della continuità della disciplina per quanto attiene l’ambito oggettivo.
Gli investimenti e i costi ammissibili, infatti, non sono stati oggetto di modifica da parte del D.L. n. 59/2019, che è intervenuto esclusivamente sulla misura dell’incentivo applicabile (prevedendo, a partire dal 2019, un’unica aliquota al 75% delle spese pubblicitari incrementali ed eliminando la maggiorazione al 90% riconosciuta per le micro, piccole e medie imprese e per le start-up innovative) ed ha individuato le coperture necessarie per il finanziamento dell’agevolazione.
Tipologie di pubblicità ammesse
Secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, del regolamento, il credito d’imposta è riconosciuto alle imprese, i professionisti e gli enti non commerciali sugli investimenti incrementali riferiti all’acquisto di spazi pubblicitari e inserzioni commerciali effettuati:
– nell’ambito della programmazione di emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, iscritte presso il Registro degli operatori di comunicazione di cui all’articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5) della l. n. 249/1997;
– su giornali quotidiani e periodici, pubblicati in edizione cartacea o editi in formato digitale con le caratteristiche indicate all’articolo 7, commi 1 e 4, del D.Lgs. n. 70/2017, iscritti presso il competente Tribunale, ovvero presso il menzionato Registro degli operatori di comunicazione, e dotati in ogni caso della figura del direttore responsabile.
Come chiarito dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria nell’ambito delle FAQ pubblicate, il beneficio spetta anche per gli investimenti pubblicitari effettuati sui siti web delle agenzie di stampa. Anche per le agenzie di stampa, ai fini del beneficio la testata giornalistica deve registrata presso il competente Tribunale civile, ai sensi dell’articolo 5 della l. n. 47/1948, ovvero presso il Registro degli Operatori della Comunicazione tenuto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e devono essere dotati della figura del direttore responsabile.
Per quanto riguarda gli investimenti pubblicitari sui giornali on line, il Dipartimento ha specificato che, diversamente da quanto stabilito dal regolamento attuativo, non rilevano i requisiti previsti dall’art. 7 del D.Lgs. n. 70/2017: ai fini del credito di imposta, pertanto, non occorre che la testata online sulla quale si acquistano gli spazi pubblicitari abbia o meno determinate caratteristiche tecnologiche, né che abbia, in tutto o in parte, contenuti che possono essere usufruiti a pagamento.
Investimenti esclusi
Come indicato dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria nell’ambito delle FAQ pubblicate, il credito d’imposta non spetta per tutte le forme di pubblicità su canali di informazione diversi da quelli ammissibili (stampa, radio e tv locali), come ad esempio (a titolo esemplificativo e non esaustivo):
– grafica pubblicitaria su cartelloni fisici;
– volantini cartacei periodici;
– pubblicità su cartellonistica;
– pubblicità su vetture o apparecchiature;
– pubblicità mediante affissioni e display;
– pubblicità su schermi di sale cinematografiche;
– pubblicità tramite social o piattaforme online, banner pubblicitari su portali online, ecc..
Il regolamento stabilisce inoltre che sono escluse dal credito d’imposta le spese sostenute per:
– l’acquisto di spazi nell’ambito della programmazione o dei palinsesti editoriali per pubblicizzare o promuovere televendite di beni e servizi di qualunque tipologia;
– la trasmissione o l’acquisto di spot radio e televisivi di inserzioni o spazi promozionali relativi a servizi di pronostici, giochi o scommesse con vincite di denaro, di messaggeria vocale o chat-line con servizi a sovraprezzo.
Spese ammissibili
Ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del regolamento, ai soli fini dell’attribuzione del credito d’imposta le spese per l’acquisto di pubblicità sono ammissibili al netto delle spese accessorie, dei costi di intermediazione e di ogni altra spesa diversa dall’acquisto dello spazio pubblicitario, anche se ad esso funzionale o connessa.
Al riguardo, nelle FAQ viene puntualizzato che nel caso in cui le fatture non siano emesse dalle “imprese editoriali”, ma da soggetti intermediari, nelle stesse:
– deve essere espressamente specificato l’importo delle spese nette sostenute per la pubblicità, separato dall’importo relativo al compenso dell’intermediario;
– deve essere indicata la testata giornalistica o l’emittente radio-televisiva sulla quale è stata effettuata la campagna pubblicitaria.
Nell’ipotesi in cui giornali ovvero emittenti radiofoniche o televisive non gestiscono autonomamente la raccolta pubblicitaria ma abbiano affidato tale attività ad una società esterna, l’operatore economico che intende acquistare spazi pubblicitari su un giornale, o su una emittente radiofonica o televisiva, deve necessariamente rivolgersi a quest’ultima, non potendo trattare direttamente con l’editore.
In tal caso, le somme complessivamente fatturate dalle società concessionarie della raccolta pubblicitaria sono interamente ammissibili ai fini del calcolo del credito d’imposta, in quanto costituiscono, per l’operatore economico committente, l’effettiva spesa sostenuta per l’acquisto degli spazi.
Diversamente, devono ritenersi escluse dal calcolo del credito d’imposta le spese sostenute nel caso ci si avvalga di servizi di consulenza o intermediazione o di altro genere; in questi casi, si tratterebbe effettivamente di servizi “accessori”, il cui costo – normalmente evidenziabile – non può legittimamente concorrere al calcolo del credito d’imposta.
Nell’ambito delle FAQ viene inoltre specificato che l’importo da considerare ai fini dell’agevolazione è costituito dall’ammontare delle spese di pubblicità, al netto dell’IVA se detraibile, mentre nel caso di IVA indetraibile, l’importo da considerare ai fini dell’agevolazione è costituito dall’ammontare complessivo della spesa pubblicitaria (imponibile + IVA).
Secondo quanto stabilito dal regolamento (DPCM n. 90/2018), le spese si considerano sostenute secondo quanto previsto dall’articolo 109 del TUIR, ai sensi del quale “i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni stesse sono ultimate”.
I costi relativi a prestazioni di servizio sono di competenza dell’esercizio in cui le prestazioni medesime sono ultimate: non ha alcun rilievo il momento in cui viene emessa la relativa fattura o viene effettuato il pagamento.
Pertanto, come precisato nelle FAQ, i costi relativi a prestazioni di servizio sono, ai sensi del citato articolo, di competenza dell’esercizio in cui le prestazioni medesime sono ultimate, senza che abbia rilievo alcuno il momento in cui viene emessa la relativa fattura o viene effettuato il pagamento.
Relativamente alle modalità di pagamento ammesse, nelle FAQ viene chiarito che, poiché la norma non specifica le modalità di pagamento delle fatture relative agli investimenti agevolabili, sono consentiti i pagamenti effettuati con qualsiasi mezzo.
Attestazione spese
L’effettivo sostenimento delle spese deve risultare da apposita attestazione rilasciata dai soggetti di cui all’articolo 35, commi 1, lettera a) e 3, del D.Lgs. n. 241/1997, legittimati a rilasciare il visto di conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni fiscali, ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti ai sensi dell’articolo 2409-bis del codice civile. Nell’ambito delle FAQ, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria ha precisato che:
– tra i soggetti legittimati al rilascio dell’attestazione di effettuazione delle spese rientrano anche i commercialisti, i ragionieri, i periti commerciali e i consulenti del lavoro. Per essere legittimati a rilasciare il visto di conformità i predetti soggetti devono presentare alla Direzione regionale competente in ragione del proprio domicilio fiscale una comunicazione secondo le previsioni del decreto n. 164/1999. Pertanto, tali soggetti, che abbiano effettuato tale comunicazione, possono rilasciare l’attestazione richiesta sull’effettività della spesa sostenuta;
– l’attestazione può essere rilasciata anche dal commercialista dell’impresa richiedente, se iscritto nel registro dei revisori legali;
– l’attestazione riguarda esclusivamente l’effettività del sostenimento delle spese. La dichiarazione che gli investimenti indicati rientrano tra quelli ammissibili, ai sensi dell’art. 3 del DPCM 16 maggio 2018 n. 90, deve essere infatti rilasciata dal beneficiario mediante la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà ai sensi degli artt. 75 e 76 del DPR 445/2000, contenuta nella comunicazione telematica;
– per il rilascio dell’attestazione non esiste alcun modello specifico.