Nella circolare n. 17 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, pubblicata in data 31 ottobre 2018, vengono chiariti i profili applicativi delle nuove regole introdotte dal Decreto Dignità in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato. In particolare, il documento di prassi si sofferma sulle modalità di calcolo del contributo addizionale, specificando che la maggiorazione dell’aliquota base va effettuata in modo incrementale. Le novità riguardano anche i contratti di somministrazione a termine.
Con la circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali esamina le nuove disposizioni introdotte dal Decreto Dignità (L. n. 96/2018) per i rapporti di lavoro a tempo determinato, anche in somministrazione. Il documento si sofferma sui nuovi limiti, in vigore dal 12 agosto 2018, e sulle modalità di calcolo del contributo addizionale.
Proroghe e rinnovi
Il Ministero ricorda che è possibile prorogare liberamente un contratto a tempo determinato entro i 12 mesi, mentre per il rinnovo è sempre richiesta l’indicazione della causale.
Al riguardo è necessario tenere presente che condizione di base per la sussistenza della proroga è che permangano invariate le ragioni che avevano giustificato inizialmente l’assunzione a termine. Si tratta sempre di un rinnovo ogni volta che al contratto sia apposto un nuovo termine modificandone la causale, qualora si stata indicata una nuova causale o se il precedente contratto è scaduto.
Contributo addizionale
La maggiorazione dello 0,5% non si applica in caso di proroga del contratto, ma soltanto sui rinnovi. Il Ministero del Lavoro precisa che il calcolo delle maggiorazioni del contributo addizionale previste ad ogni rinnovo del contratto a termine deve essere effettuato in forma incrementale: l’aliquota base, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicato ai contratti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato, è incrementata, al primo rinnovo, dello 0,5%. Ed è a tale nuova misura del contributo addizionale cui aggiungere nuovamente l’incremento dello 0,5% in caso di ulteriore rinnovo.
Periodo massimo di occupazione
Il rispetto del limite massimo di 24 mesi, deve essere valutato con riferimento non solo al rapporto di lavoro che il lavoratore ha avuto con il somministratore, ma anche ai rapporti con il singolo utilizzatore, per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale. Raggiunto tale limite, il datore di lavoro non potrà più ricorrere alla somministrazione di lavoro a tempo determinato con lo stesso lavoratore per svolgere mansioni di pari livello e della medesima categoria legale. Il computo dei 24 mesi di lavoro deve dunque tenere conto di tutti i rapporti di lavoro a termine a scopo di somministrazione intercorsi tra le parti, ivi compresi quelli antecedenti alla data di entrata in vigore della riforma.
Limite quantitativo
Ferma restando la percentuale massima del 20% di contratti a termine, possono essere presenti nell’impresa utilizzatrice lavoratori assunti a tempo determinato e lavoratori inviati in missione per somministrazione a termine, entro la percentuale massima complessiva del 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore.
Qualora presso l’utilizzatore sia presente una percentuale di lavoratori, a termine e somministrati a termine con contratti stipulati in data antecedente alla data del 12 agosto 2018, superiore a quello fissato dalla legge, i rapporti in corso potranno continuare fino alla loro iniziale scadenza. In tal caso, pertanto, non sarà possibile effettuare nuove assunzioni né proroghe per i rapporti in corso fino a quando il datore di lavoro o l’utilizzatore non rientri entro i nuovi limiti.